D'altra parte, le condizioni di miseria, di precarietà e di
subordinazione costituiscono le premesse sufficienti perché gli
immigrati si trovino quasi automaticamente inseriti nei circuiti delle
"opportunità" criminali. Per quanto paradossale possa sembrare, è in
questo modo che si aprono ampie possibilità di realizzazione di un
qualsiasi reddito e di inserimento lavorativo, sia pure saltuario e
marginale. Gli immigrati si ritrovano, così, trasformati in un esercito
illegale di forza-lavoro di riserva che la malavita può gestire secondo
le proprie finalità: da una parte, avviandolo nel mercato del lavoro
nero, dall'altra, spingendolo verso attività più propriamente illegali,
quali la prostituzione, il traffico e lo spaccio di sostanze
stupefacenti, l'accattonaggio, i furti e le rapine. Anche le attività
più diffuse ed apparentemente innocue, come il commercio ambulante,
spesse volte sono indirettamente gestite dalle organizzazioni criminali
attraverso la fornitura della mercanzia, generalmente di contrabbando o
provento di furto e rapine.
Insomma, gli immigrati, in virtù del
traffico e del conseguente sfruttamento cui vengono sottoposti,
costituiscono, per le èlite criminali dei Paesi di origine, terreno
fertile per il reclutamento di manovalanza (fedele ed omertosa, se non
altro per ragioni di solidarietà etnica), utilissima per espandere
all'estero la propria influenza.
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