giovedì 11 maggio 2017

Gli immigrati centrano con la criminalità? (pt.3)

Questo traffico proprio per le condizioni di clandestinità, comporta quale naturale conseguenza che i soggetti interessati vadano ad occupare, nei Paesi di approdo, posizioni "marginali", caratterizzate dalla precarietà, dall'emarginazione sociale e dal degrado ambientale in cui, con estrema probabilità, dovranno vivere. Le speranze di riscatto sociale, di emancipazione e di benessere economico, infatti, si infrangono contro la crudezza della realtà che li attende non appena giunti nel Paese di destinazione.
Se non già prima, nella fase successiva all'ingresso scatta la morsa del controllo malavitoso, con i vari abusi, angherie e vessazioni che ne conseguono. Sottoponendo questi individui a condizioni di vita più disagiate e degradate di quelle che li hanno costretti ad affrontare i rischi dell'immigrazione clandestina, la criminalità organizzata riesce ad instaurare uno stato di perenne dipendenza che sfocia, sovente, in vere e proprie forme di schiavitù. L'asservimento al potere di queste compagini delinquenziali è totale ed incondizionato fino all'estinzione del debito contratto (destinato ad ingigantirsi nel tempo).
I livelli e le modalità di sfruttamento sono vari e diversi, a seconda del genere e dell'età, ma tutti accumulati dalle diverse pratiche costrittive che vanno dal ricatto psicologico alla minaccia violenta, e spesso il dazio da pagare a chi sfrutta non è solo economico ma anche fisico, sessuale, psicologico. A sottolineare il livello disumano di costrizione vi è, poi, l'inammissibilità di deroghe alle imposizioni, pena l'applicazione di variegati sistemi di punizione che, non di rado, possono comprendere anche la soppressione del soggetto o interessare i prossimi congiunti.

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